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"Grazie Gioânn, grande spirito libero"


Un ricordo di Massimo di Giammarco ilpezza@hotmail.com
Giornalista de "La Voce" di Caracas

E' doveroso, parlando di Lombardia, di Oltrepò Pavese, di vinie cibi, di brumosi paesaggi fluviali, dedicare uno spazio a Giovanni. Sacrilego sarebbe, imperdonabile a me stesso non parlarvi del Giovanni fu Carlo. Si, il caro Gioânn amava presentarsi così, conservando la tradizione contadina, l'amore per il genitore, le proprie origini. Tanto da imparare, lo stile di vita, le asprezze a nascondere un animo sensibilissimo: il lessico, la cultura enogastronomica, l'amore per lo sport e per la letteratura: grande nerazzurro, nel cuore l'Inter, insieme al Genoa e all'Atalanta.

Fustigatore di costumi, implacabile nemico delle persone artefatte, costruite: pur vivendo in un mondo ove il compromesso, "la marchetta" come la chiamava lui, ossia il "pezzo" giornalistico scritto per incensare il potente o per mettere in luce personaggi opachi, il caro Giovanni sempre rifuggì da queste facili "scorciatoie", e, credetemi, ne conoscenze, ne possibilità mai gli mancarono.

Ricordo la prima volta che lo incontrai: giovane maître, mi trovai ad affrontare, scusate se è poco, una tavola composta dal Giovanni, da "Tai", Ottavio Missoni, "Lady Moratti", vedova del Grande Moratti, madre di Massimo e Giammarco ed un di lei cugino, "Lord Brummel", soprannome coniato da Giovanni causa l'eccentrica eleganza del medesimo. Dopo un'aperitivo, che imperiosamente dovetti preparare di fronte all'implacabile Gioânn, immaginate, si trattò di un semplice Milano-Torino, ma per ognuno di loro percentuali diverse di Bitter, Punt e Mes e soda...

Si passò ad affrontare la scelta degli antipasti, sbrigativamente e risolutamente risolta da Giovanni per tutti; ostriche e tartufi di mare. E qui arrivò la prima lezione: mi permisi di consigliare i vini; chiaramente orientai la scelta su alcuni bianchi...Giovanni scuotendo la testa, mi chiese invece un Barbaresco di Angelo Gaia. Non nascosi lo stupore, ma assecondai la scelta, proponendo anzi come eventuale alternativa uno splendido Nebbiolo di Scarpa, piccola ma eccellente casa vinicola di Nizza Monferrato.

E penso che da qui cominciò quello che si trasformò poi in un rapporto amichevole di stima reciproca con il difficile, scontroso personaggio che sempre fu il Giovanni. Senza darlo a vedere, mi sarei accorto col tempo dei piccoli dettagli con i quali manifestava la sua soddisfazione, il suo agio di persona ormai satura di ristoranti e di riverenze.

Con un bicchiere del Nebbiolo servito, mi chiese di porre a macerare lo scalogno finemente tritato, con l'aggiunta di un cucchiaio di aceto balsamico; sarebbe servito poi per condire le ostriche, "sgrassandole", come mi spiegò, con patriarcale pazienza... Si informò sulle mie origini, e, vivaddio, come avrebbe esclamato, al sapermi nato in Venezuela, immediatamente divenni per lui e per tutta la sua corte, "Don Bariloche", visto, mi raccontò, che il Sudamerica gli ricordava il suo primo incarico di inviato speciale, appunto, a Bariloche, in occasione dei Giochi Olimpici Invernali, se non ricordo male nel '54.

Il pranzo proseguì con una fiorentina, e, era fine ottobre,alla vista dei tartufi, il Gioânn mi chiese di far preparare due "ovi all'occhio di bue" su di un letto di morbida polenta, informandosi previamente, caro vecchio Giovanni, sulle origine del cuoco, raccomandandomi di far friggere le uova in "lombardissimo burro", giammai nell'olio,seppur ottimo extravergine. Ed anche qui mi accorsi come i piatti a semplice vista possono sembrare banali, facili da preparare, così non sono, specie se si ha di fronte un cliente preparato e, non me ne voglia, un poco "rompipalle"...

Il tuorlo deve essere rigorosamente crudo, l'albume rappreso e leggermente "bavoso", non quasi "croccante" come spesso accade; questo per permettere amalgama dei vari sapori e dei condimenti, in questo caso, del burro e, scusate se è poco, del tartufo bianco, la "trifola"... Scopriì un'altro vezzo, all'arrivo della seconda bottiglia; il buon Giovanni non assaggiava mai il vino previo esame olfattivo del tappo di questo : rimasi sbalordito quando mi parlò di "tubercolosi del sughero" uno dei tenti neologismi a lui cari.

"E' tempo di sigari e liquori", con questa frase annunciava la fine del pranzo e l'inizio, come ogni giovedì, della partita a scopa. Le sanguigne incazzature, il florilegio di imprecazioni, fortunatamente la sala era ormai deserta, divennero momenti memorabili, come memorabile fu il giorno che, inferocito, obbligò Lord Brummel ad alzarsi,e mi "invitò" a prenderne il posto.

Tentai di declinare l'invito, ma, come penso possiate aver capito, non era niente facile contrariare il Gioânn. Sono sempre stato un onesto giocatore di carte, e lo scopone mi ha sempre affascinato: mi sentii come un maturando trascinato a discutere una tesi di laurea. Scevro però da qualsivoglia complesso di inferiorità, affrontai il tavolo, e il Gioânn soprattutto, con la temerarietà che è buona consigliera solo se rilasciata a dosi massicce in tempi brevi: giocai un due dispari, terzo, due "bello" fuori, noi di mazzo; solo l'abbondante sfogo con "Lord Brummel" di poc. anzi permise a Brera di astenersi nel prorompere in una delle sue fiorite espressioni di "disapprovazione"... fors'anche perchè in possesso del due "bello" ...

Tanti gli aneddoti, tanti i saggi consigli, quasi sempre complice la notte, la fredda, umida notte lombarda, che unisce al calore dei pochi deschi a tarda ora , le anime inquiete e mai sazie di piaceri... Il lago di Pusiano ci accolse, una "cordata" di nove persone in due auto, avvolgendoci nella sua placida calma; la casa di Giovanni ci ricevette docile come un cane pastore al riconoscere il padrone con il "gregge"...

Giammai, anche se avvezzo al piacere che si prova all'arrivo, dopo ore di guida nell'umida notte dicembrina, di fronte ad un camino schioppettante, giammai, ripeto, potrò riprovare la sensazione provocata dall'odore di legna arsa, di libri antichi, di cuoio grasso; umori trasudanti anni, decenni di genuina ed assennata vita spesa a imparare a godere dei piaceri schietti, un bicchiere di rosso con un cartoccio di caldarroste. Fuori la finestra i filari nascosti dal sipario nebbioso, pronto a sollevarsi per una nuova rappresentazione, ogni dí sempre diversa.L'occasione fu per la storica rivincita, con "Lord Brummel" a sostituire "Lady", le cui abbondanti primavere sconsigliavano siffatte "trasferte".

Vino, vino, delizioso vino rosso. E salame, e coppa,e "lodigiano vecchio", scorza nera e goccia. Ma le carte non si annebbiarono, anzi, se possibile, come animate da propria intelligenza, godendo dei miei piaceri, mi suggerivano giocate ardite.Il Gioânn diede il fischio finale dopo l'ennesima partita, che ci aggiudicammo, come lui disse, per "manifesta superiorità". Ricordo le sporadiche "incursioni" del Gioânn sulla cervella lessa; con incoscente indifferenza nei confronti della "nobile malattia" della quale era affetto, coccolava la cervella tiepida, servita avvolta in un frangino, prima di condirla con un velo d. olio, sale e pepe.

Conobbi Giovanni nel periodo "White label", sua bevanda preferita dopo pasto; un'altra conferma dello stile di codesto Signore, amante delle cose semplici e genuine, quant. anche potesse permettersi liquori molto più quotati, "ad ogni momento la sua cosa", come amava ripetere. Dopo alcuni mesi dovette abbandonare il distillato, o meglio abbandonò, perche niente e nessuno, nè medici nè malattie, imposero mai nulla al Brera, causa una recrudescenza della gotta, una delle sue " dolorose compagne".

Ricordo in quest. uomo il raro, se non rarissimo connubio di tagliente dialettica e affascinante scritto: ne fecero in molti le spese, dagli umili camerieri ai direttori di telegiornali, dai saccenti allenatori ai cronisti "aridi"; parco, molto parco di elogi, e per questo ricercatissimi e piacevolissimi quando ricevuti, trovava sempre mille modi diversi per manifestare i propri stati d'animo. Famose divennero nel ristorante le sue "trance", ossia il reclinare il mento sul petto, gli occhi chiusi; per i più si trattava della pennichella dell'ebbro, ma così non fu mai.

Brera, falso dormiente, seguitava ascoltando la conversazione, e quando conveniente, la battuta fulminante, ritornava in se, come appunto dopo una meditazione profonda. Il rispetto riverenziale che molti altri giornalisti ospiti del nostro ristorante gli rivolgevano spesso lo infastidiva, come lo infastidiva la curiosità della gente, fino ad arrivare, in serate particolarmente "nervose", a chiedermi di collocare un paravento attorno al suo desco.

Potrei a lungo continuare, caro Gioânn, il fluire dei ricordi si ravviva al loro scorrere, senza tema di annoiare alcuno, gli aneddoti e la vivace intelligenza che furono la materia prima di altissima qualità con i quali vennero forgiati li rendono inossidabili e inalterabili nel tempo, anzi, come il buon vino, maturando migliorano. Grazie per la tua amicizia, grande spirito libero.

Massimo di Giammarco

 


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