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Buon
Natale con i
presepi di Bova
Marcella Perodo
Nader, i tappeti che
sopportano le rughe
Rosetta
Griglié
Jovanotti fa Sinestesie
e non s'annoia
Albino
Magenta
Cuba
e Cigair!
E Marx(Groucho)
ci mostra la via
(del tabacco)
Vittoria
Colpi
Ibiza:
reveni, revidi, revici et latine (vani)loquor
Brerus
Notting Hill,
dove trovi tutto
Roberta
Lombardi
Un cestino che si ammira
e non si mangia
Vittoria
Colpi
E
M.A.C disse:
gioca con il tuo aspetto
Francesca
Sarzi
Maglie di Jucci,
maglie di Bellomi
Francesca
Sarzi
Eugenio il gallerista
Rosetta
Griglié
Quel gioiello dev'essere
mio (e solo mio, disse l'artista)
Roberta
Lombardi
I misteriosi tappeti
di Manukian
Roberta
Lombardi
Poesia della cucina
da Punto Servizio Casa
Albino
Magenta
Il
portale
degli Artisti
Hostarie Vecjo Friûl,
le lys dans via Rosmini
Brerus
Piatti
bicchieri & C
Paolo
Brera
La
mitica macchina per
scrivere di Brera
donata dalla famiglia al
Museo del Calcio
Marco
Ceccarini
Museo
del Calcio,
la memoria storica del
"gioco più bello
del mondo"
Claudio
Rinaldi
Ottant'anni
in Jamaica
L'Olimpo
giamaicano
Emilio
Tadini
I tappeti di Nader
sfidano il tempo
Rosetta
Griglié
Libri
per i Senzabrera
Rosetta
Griglié
I negozi gemelli
del design artigiano
Paolo
Brera
Con una supermostra
esplode la Milano picassea
Rosetta
Griglié
Il Samizdat dei poeti
della via Madonnina
G.
D’Ambrosio Angelillo
Alla
ricerca
del manzo perduto
Brunella
Bianchi
Boffi,
il grande design
entra in bagno
Marcella
Perodo
Artisti
in "Famiglia"
da 120 anni
Vittoria
Colpi
Qui
solo tappeti solari.
E di classico, niente
Rosetta
Griglié
È
vero oppure è falso?
La risposta cerchiamola
al Museo del Collezionista
Rosa
Gialdina
A
Barbianello da
Roberto e Mariarosa
Simposio
Gianni Brera
A
passeggio
con de Chirico
Osvaldo
Patani
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Libri
per i Senzabrera
Senzabrera,
li ha chiamati Gianni Mura in un memorabile articolo.
Sono quelli che sentono la mancanza di Gianni Brera,
che si domandano spesso che cosa mai avrebbe detto o
più ancora scritto il Giôann di qualunque
avvenimento sportivo o gastronomico o letterario che
li colpisce. Gianni, insomma, ha lasciato un bel vuoto.
Rosetta Griglié
|
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Giannibreramania,
l’ha chiamata il settimanale Panorama. Si parla
della quantità di iniziative che vengono prese
per onorare Brera, dai tornei di calcio — finora cinque,
di cui due, a Cantù e a Trezzano sul Naviglio,
sono ormai diventati appuntamenti fissi del calendario
dello sport — fino alla mostra fotografica che Ambrogio
Fusar sta trascinando in giro per l’Italia, dal Premio
Gastronomico dei cuochi pavesi pensato e diretto da
Mario Musoni.
|
E
ancora quello
letterario che si svolge tutti gli anni a San Zenone
al Po,
paese natale dello scrittore e giornalista, e che "laurea"
tre scrittori che si riallacciano in modo efficace alle
tradizioni regionali, di qualunque regione d’Italia.
Sono intitolate a Brera una ventina
di vie del Nord Italia (nemmeno una piazza, peraltro:
e chissà mai perché), diversi impianti
sportivi, un vino — lo Zuanne, dell’amico Vittorio Moretti,
che possiede l’Azienda Agricola Bellavista. Esiste un
Simposio Gianni Brera che ne prosegue l’opera in campo
gastronomico ed esiste un Premio giornalistico assegnato
ogni anno a un giornalista sportivo dai suoi colleghi
dell’Associazione lombarda. Esiste, da quest’anno, un
Premio Gianni Brera per lo Sportivo dell’Anno, e a metà
novembre sarà assegnato a… be’, si fanno molti
nomi, ma in realtà la giuria si riunirà
solo più avanti nel corso del mese. Esiste, infine
(se nulla ho scordato), la nostra rivista online e on
paper che dedica sempre uno spazio alla giannibreramania,
anche attraverso il sito curato da Marco Marangoni.
A
Gianni Brera scrittore sono state dedicate, negli anni,
numerose tesi di laurea. Oggi escono due libri, Giôannfucarlo.
La vita e gli scritti inediti di Gianni Brera (Il
Regisole, Pavia 2001, Lire 69.000) e
I percome e i perché (Il
Regisole, Pavia 2001, Lire 25.000),
che è l’antologia dei racconti finalisti del
Premio Gianni Brera con un’ampia sezione breriana dove
compaiono diversi inediti (o… mal editi) di Brera.
L’introduzione
alla biografia di Brera, scritta dal figlio Paolo e
da Claudio Rinaldi, si
deve a Bruno Pizzul e può essere letta clickando
qui.
Il volume è ampiamente documentato e ricco di
fotografie inedite, oltre a contenere scritti di Brera
risalenti addirittura all’anteguerra.
I percome e i perché offre una
palestra agli scrittori animati da un forte rispetto
per la propria e altrui identità regionale e
pronti a metterlo su carta. È una lettura molto
piacevole e, come si è già detto, la sezione
breriana contiene molti scritti di Gianni Brera.
Entrambi
i libri si trovano in libreria oppure possono essere
richiesti direttamente presso l’editore Il Regisole
- Selecta Srl (largo
Panizza 4, 27100 Pavia PV, tel. 0382.304.262 ).
Buona lettura!
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I
negozi gemelli
del design artigiano
Quand'è
che l'artigianato diventa arte? Difficile a dirsi,
ma è su questa tremula linea di demarcazione
che si sono piazzati due singolari negozi, Eclectica
e
Atribu (corso
Garibaldi 3, tel. 0287.6194 Eclectica, 0286.7127 Atribu).
Non si trattava solo di risparmiare sull'affitto aprendo
la luce di Atribu sull'ombra di Eclectica, era proprio
la filosofia a collimare di brutto, giustificando
il casto connubio.
Paolo
Brera
Dice
Teresa Ginori, che offre oggetti casalinghi come lampade,
maniglie e bicchieri, che l'essenziale è rifiutare
quello che è industria. "Materiali
industriali sì", dice, indicando
alcune stupende lampade in corian (brevetto DuPont),
"ma lavorati artigianalmente",
e l'artista in questo caso è Remo Zanin, laziale,
che si è dato la pena di scolpire gli steli
con le stesse procedure che usa per il legno.
|
"Gli
oggetti li vendiamo perché la gente se
ne innamora",
dice Ginori, che fa questo lavoro da dieci anni
e costringe il negozio a evolversi di pari passo
con il suo gusto, che non è offesa definire
eclettico – senza una pluralità delle
preferenze, come offrire a ciascuno dei clienti
quella che sarà anche sua e lo spingerà
all'acquisto?
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Quindi
ecco le sorprendenti stoviglie in specchio, i materiali
pirotecnici: lattice e metacrilato, policarbonato,
cristallo di rocca, ceramica bagnata in oro e argento,
alluminio satinato, rame lucido e rame opaco, ottone
invecchiato, pergamena, vetro in mille modi angariato,
piegato, fuso, soffiato: materia che una quarantina
di designer-artigiani trasfigura e doma per un effetto
estetico sempre originale e non di rado entusiasmante.
Anche
Roberta Faletti, di Atribu, che con la sorella Maura
e il cognato anima il suo negozio di abbigliamento,
ha una filosofia di pezzi unici, anche se non necessariamente
fatti su misura. Lei pure lavora da dieci anni, e
prima stava in via Bramante, lasciata nel 1995 per
aprire bottega dove finisce, in un'invisibile linea
sul pavimento concettualmente del tutto analoga al
confine fra Russia e Mongolia, quella dell'amica e
compassionaria Ginori.
Sono
quasi tutti giovani gli stilisti che realizzano i
capi di vestiario, e spesso sono giapponesi: Taro
Sano, Maki Noguchi, Yumiko Sato: ma abitano comunque
a Milano, come l'italo-messicana Adriana Morandi.
Retaggio del periodo iniziale, quando Faletti offriva
abbigliamento etnico? Lei nega, indica le borsette,
i gioielli e gli abiti che ci circondano: ma quale
etnico, questo è design modernissimo! Impossibile
dissentire.
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Con una supermostra esplode
la Milano picassea
Nel 1917 Djaghilev mette in scena il suo
balletto cubista Parade. I costumi di scena sono disegnati
da Pablo Picasso, un giovane artista venuto a Parigi dalla
Catalogna. Grande successo per il coreografo - Djaghilev
è sempre Djaghilev - e dopo qualche tempo anche per
il pittore.
Rosetta
Griglié
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I suddetti costumi li troviamo fino al 27 febbraio
a Palazzo
Reale,
insieme ad altri lavori che coprono l'intero arco
della vita di Picasso: dagli esordi in Spagna ai
primi contatti con il mondo parigino dell'arte,
dai periodi blu e rosa alla sperimentazione cubista,
dal "ritorno all'ordine" della parentesi neoclassica
alla metamorfosi stilistica degli anni Trenta, dalle
opere politicizzate fino all'ultima e vitale stagione
creativa.
A
quasi cinquant'anni dalla prima grande esposizione
picassea di Palazzo Reale, che aveva fatto epoca,
la mostra di adesso ribadisce la centralità
di Picasso nell'arte moderna. La curano Bernice
Rose e Bernard Ruiz Picasso.
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Si parla di oltre duecento opere fra dipinti, sculture
e disegni. Molti dei lavori esposti, ormai sparsi
fra le maggiori raccolte pubbliche e private del
mondo, erano sempre rimasti presso l'artista e i
suoi eredi e conservano un carattere intimo capace
di introdurci nell'universo familiare di Picasso,
dandoci un accesso inedito alla sua personalità.
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Picasso
ebbe in effetti una vita sentimentale pirotecnica, nei suoi quadri
si riincontrano Olga Khokhlova, Marie-Thérèse Walter
e Dora Maar, per non dire diverse demoiselles più o meno
avignonesi. Ma due ritratti dei figli Claude e Paloma disegnano
un altro aspetto di questa vita, meno pirotecnico anche se non meno
affettuoso, ampiamente documentato nell'esposizione.
Il
Samizdat dei poeti
della via Madonnina
La Fata che
mi rallegra la vita da quando son nato è lanosa, furba;
amante dei cani bolliti, stanotte m’è venuta in sogno
e m’ha detto una parola elementare ma saggia: "Amami".
Per Milano piovevano preghiere pie e calme, la mia malinconia
si allagava piano di foglie gialle di autunni passati, quando
lei si è chinata su di me e mi ha baciato: "Sei
un cane arancione che mi fa senso", mi ha detto,
"ma mi piaci lo stesso".
G.
D’Ambrosio Angelillo
Così,
cara città mia, tu hai perfettamente ragione a sostenere
che il soldo pesa più dell’Anima, ma pure io ti rispondo
che anche i Poeti hanno il loro bravo stipendio degli dèi:
pane, aglio e chiacchiere fosforescenti… Così Roberto
Longhi è il direttore di una lunga catena di supermercati
di buone azioni, Mauro Sinigaglia è protetto dalla
Madonnina in persona, Icaro Ravasi è presidente di
una banca di belle canzoni felici…
E
noi di Brera
aggiungiamo che l’autore di questo delizioso
vaniloquio, con altri poeti che si pubblicano da sé
in Samizdat, violando il nostro marchio registrato ma senza
addolorarci, si trovano ogni sera dalle 21 alle 2 del mattino
per la strada in via Madonnina, e gli si può telefonare
al 3383.946.036.
|
Alla
ricerca del manzo perduto
Lui la signora
Mucca Pazza, sia ben chiaro, né vista né sentita.
Perché Angelo Rossetti, della Macelleria
Rossetti - Carni Pregiate Piemontesi
(via
Canonica 24, tel. 0234.912. 18),
i suoi signori manzi li controlla personalmente e con estremo
rigore: infatti ha una stalla a Carrù e lì di
quelle pestifere farine animali non ne entrano.
Brunella Bianchi
Rossetti è lodigiano, di Borghetto,
e a Milano lavora dal 1958, quando faceva il garzone alla
salumeria Magri, proprio di fronte al Giamaica. Poi Magri
chiuse — aveva diciamo ricevuto un'offerta migliore dall'Onnipotente
— e nel centro di Milano al posto di Magri e Rossetti Macellai
si installarono Rossi e Grassi Salumieri. Rossetti non fece
che spostarsi.
Da sempre Rossetti cura in modo particolare
la provenienza e la qualità della carne e degli altri
prodotti che vende. Lardo di colonnata, salsicce toscane,
salame cremonese che produce lui stesso nella zona di Borghetto,
carne salata del Trentino. Formaggi valdostani, taleggio e
quartirolo della Valsassina.
"La clientela capisce
e apprezza", dice.
Controprova.
Entra un cliente grande e grosso: "Sono
arrivate le salamelle?" "No!
purtroppo! ma la sua fiorentina?" "Andrà sulla griglia
stasera."
Altre due battute
e alla fine il cliente se ne va con delle salsicce mantovane.
Le ho provate anch'io. Sono squisite.
|
Boffi,
il grande design
entra in bagno
Di
tempo ne è trascorso parecchio dai primi passi dell'azienda,
nata come laboratorio di falegnameria settant'anni fa in Brianza.
Come ci racconta Roberto Gavazzi, amministratore delegato e socio
di Boffi
(via Solferino 11, tel. 0289.013. 217): "Abbiamo
fatto da battistrada in Italia per il design, insieme a Flos, Artemide
e altri". Oggi
Boffi è uno dei cinquanta membri di Alta Gamma, l'associazione
dei più importanti marchi italiani nei settori del design
e della moda: fattura 34 milioni di euro e ha centosessanta dipendenti.
Marcella
Perodo
Boffi
è uno dei più prestigiosi produttori di arredamenti
per bagni e cucine; in via Solferino si trovano solo i primi, per
le cucine bisogna andare in corso
Monforte 19 (tel. 0276.024.480).
Tanto per dare un'idea del livello, è griffata Boffi la cucina
che la rockstar Madonna ha voluto per la sua plurimiliardaria magione
londinese. La preferenza accordata dalla signorina Ciccone non tragga
nessuno in inganno: qui non c'è niente "di moda", di effimero
o passeggero. Sono solo opere di design pensate per resistere al
tempo e alle tendenze.
Boffi
ha aperto questo showroom tre anni fa. Cinquecento metri quadri
per lanciare "un nuovo
concetto di negozio di bagni",
come spiega Gavazzi: "Non
la solita mostra di pezzi per il bagno, ma un posto dove ritrovare
delle atmosfere, degli ambienti".
In effetti lo spazio è affascinante, suddiviso in stanze
complete di tutto, dalla piastrella fino al sapone. I pezzi - vasche,
lavabi, vetrine, rubinetti, eccetera - sono trattati come opere
d'arte: a fianco di ognuno è indicato il nome (il titolo),
il designer (l'autore) e l'anno di produzione (la data). L'assortimento
è di grande essenzialità ed eleganza: forme ardite
e materiali inusuali, con una sobrietà di gusto un po' orientale
che pervade tutto, dalle ciotole di forma naturale ai sanitari scavati
da blocchi di pietra.
La
piacevolezza degli ambienti vuole trasmettere al visitatore il desiderio
di vivere anche a casa propria lo stesso piacere. In realtà
ciò che lo showroom propone è una vera esperienza
plurisensoriale: né la musica di sottofondo, né l'incenso
che ingentilisce l'aria sono scelti a caso.
È
un approccio originale. Dice Gavazzi: "Non
ci sono altre aziende che si propongano come interlocutori unici
per le stanze da bagno. Noi vendiamo un progetto completo: lo stile
Boffi. Uno stile molto contemporaneo, del tutto essenziale, pulito
nelle forme, disegnato da architetti internazionali. E assolutamente
ai massimi livelli di qualità e immagine".
L'atmosfera
complessiva è sicuramente molto cosmopolita, e non solo perché
Gavazzi ci viene sottratto per alcuni minuti da una telefonata in
francese: su dodici negozi Boffi di proprietà ben otto sono
all'estero, dove l'azienda vende metà della sua produzione.
Noi, naturalmente, ci accontenteremmo anche solo di quello di via
Solferino. Egoisti che siamo.
Artisti
in "Famiglia" da 120 anni
Due
grandi mostre, a Venezia e a Roma, ci illustrano il futurismo,
e un’altra si è già tenuta a Milano presso la
Fondazione Mazzotta. Nel pieno di un simile revival bisogna
ricordare che il movimento è stato tenuto a battesimo
proprio a Milano, alla
Famiglia
Artistica Milanese (via
Cornaggia 16, tel 0280.549.01).
Dalla fine dell’Ottocento la Famiglia promuove arte e cultura
in un clima di amicizia e di giovialità.
Vittoria Colpi
La segretaria dell’associazione, Mariarosa
Bermani, mi accoglie nel suo piccolo ufficio. Sembra felice
di abbandonare le pratiche amministrative per calarsi in un
frammento di storia. Infatti mi accompagna in una vasta sala
sottostante dove un riquadro commemorativo elenca tutti i
soci dell’anno 1899, con relativi indirizzi. Non si parlava
certo, allora, di privacy… Lo sguardo corre su una lunga schiera
di letterati, musicisti ed artisti, scoprendo nomi ormai ricorrenti
nelle aste internazionali come Angelo Morbelli, Emilio Gola
e Luigi Conconi. La fondazione della Famiglia risale ad appena
qualche anno prima, nel 1881.
La fine dell’Ottocento vede una Milano in
pieno clima scapigliato…
"Certo, è proprio
un esponente della Scapigliatura, Vespasiano Bignami, artista
e consigliere comunale, che dà vita alla Famiglia Artistica
col programma di sostenere iniziative artistiche libere da
ogni accademismo. Mentre Milano si appresta ad inaugurare
un’Esposizione Nazionale dell’Industria e delle Belle Arti,
evento fortemente atteso, Bignami organizza una bizzarra 'Indisposizione
delle Belle Arti', per mettere alla berlina il rigore dell’esposizione
ufficiale."
E i rapporti con il futurismo?
"Il movimento futurista
nasce appunto pochi anni più tardi. Nel febbraio del
1910, al Teatro Lirico, in una entusiasmante serata sulla
nuova poesia, Marinetti propone un linguaggio veloce e dinamico
in sintonia con la vita moderna. Subito dopo, la Famiglia
Artistica accoglie una prima 'Mostra Intima' dei futuristi.
Espongono Umberto Boccioni, Carlo Carrà e l’autodidatta
Luigi Russolo. Sulla loro scia, altri giovani avanguardisti
si formano ed espongono in Famiglia Artistica nel 1914, proprio
alla vigilia della Grande Guerra."
Hai sottolineato un glorioso passato, ma
nella Milano di oggi che ruolo svolge l’associazione?
"Nell’attuale sede
ospitiamo mostre, concerti ed incontri di poesia. Qui i nostri
soci possono seguire corsi di disegno dal nudo, acquerello,
scultura e pittura su stoffa. Vi è una quota associativa
annuale, di 200.000 lire, alla quale si aggiunge il costo
del corso prescelto. L’ambiente è distensivo e non
mancano momenti di festa ed abbuffate gastronomiche."
|
Qui
solo tappeti solari.
E di classico, niente
Guerra al
classico, hanno giurato. E infatti in mezzo ai tappeti agli
arazzi alle stuoie di Tappeti
Contemporanei (via
San Carpoforo 1, tel. 0286.464.883) di roba classica non ce
n'è proprio.
Rosetta Griglié
I metodi di lavorazione, quelli invece sì
che sono classici. Lilli Moro ed Ezio Grassi, che aprono il
loro locale all'ammirato colto e alla sbalordita inclita nei
primi giorni di ottobre, su questo non transigono. I colori
devono essere la cosa principale, i disegni sobri, ma rigorosamente
a mano devono essere annodati i tappeti. Che poi siano fatti
il mese scorso oppure cent'anni fa, industria piuttosto che
antiquariato, poco importa. Chi vuole l'antico avrà
l'antico, i partigiani del moderno avranno il moderno, nessuno
però avrà il "classico".
L'effetto è di una bottega che vende
luce solare arrotolabile. "Siamo
tra il bazaar e la galleria d'arte contemporanea",
dice Moro. "Sono tappeti non tappeti",
aggiunge Grassi. Sì, ma la luce, quegli arancioni e
quei gialli, il sole? "Tutti colori
vegetali." Insomma mangiamoceli pure, se ci sembrano
appetitosi, è sempre roba biologica. La maggior parte
della gente, però, tali meraviglie le vorrà
presumibilmente per mettersele in casa, non per farsene un
sandwich.
E può anche chiedere un tappeto su
misura, che la Tappeti Contemporanei farà realizzare
in India o in Nepal, dove ha partner artigiani abilissimi
che non ricusano di lavorare su disegno (gli italiani, neanche
morti!).
"Vendendo tappeti
d'antiquariato", racconta ancora Moro, "ci
siamo resi conto che c'era una richiesta di tappeti originali,
e che nessuno a Milano la soddisfaceva. Oggi la cosa che ci
sentiamo dire più spesso è: 'Finalmente!' ".
Il negozio è in grado anche di restaurare tappeti e
pratica prezzi molto vari: dal feltro-arazzo da 800.000 lire
al pezzo che va da 2 a 10 milioni.
|
È
vero oppure è falso?
La risposta cerchiamola
al Museo del Collezionista
Propriamente,
il Museo
del Collezionista d’Arte
(via
Q. Sella 4, tel. 0272.022.488) è
un museo tedesco, fondato in quel di Hannover dal nonno dell’attuale
responsabile Gottlieb Matthaes (proprietaria è ora
la Gottlieb-Matthaes-Stiftung). "È
nato come un punto di riferimento per i collezionisti, per
distinguere gli oggetti autentici da quelli falsi",
spiega Silvia Meyer, che ne è la direttrice: "Abbiamo
voluto avvicinare i visitatori all’opera d’arte creando un’interazione
emotiva".
Rosa Gialdina
A beneficio di tutti coloro, e ad occhio
sono tantini, che non sanno come si creino le interazioni
emotive, diremo che il visitatore ha a disposizione delle
test stations dove oggetti autentici e conclamati falsi possono
essere manipolati.
|
Così
il primo e più semplice test di una pretesa ceramica
etrusca consiste nello spennellarla con acqua: se è
stata duemila anni sottoterra ha un odore particolare, se
è stata cotta la settimana prima e invecchiata artificialmente
non c’è verso, quell’odore non ce l’ha. Una goccia
d’ambra? Bucatela con un ago arroventato: se è plastica
puzza. Un’icona? Basta osservare la struttura del dipinto
con un visore a ultravioletti e una lente d’ingrandimento.
"Attenzione, però: il nostro
scopo non è la
lotta alle contraffazioni: molte copie sono fatte senza nessun
intento di ingannare, o sono magari opere d’arte esse stesse.
Il nostro scopo è solo la cultura dell’oggetto",
dice Silvia Meyer.Oltre all’esposizione permanente, nel Museo
si organizzano anche mostre estemporanee, come Arte
africana - Arte moderna. Contatti, ispirazioni, conseguenze.
Ora parliamoci chiaro, tutti sanno che Modigliani era in realtà
uno stregone xhosa che si era messo a creare le maschere del
culto in pietra anziché in legno, ma certo vedere gli
oggetti in mostra toglie ogni dubbio.
Ancora più interessante è scoprire
il modo assai diverso in cui gli africani hanno sempre visto
l’arte: al piacere estetico era sempre associato qualche intento
pratico o magico.
Oggi le antiche credenze sono in arretramento,
ma non senza lasciar traccia: gli atteggiamenti tradizionali
si combinano con quelli moderni sia nell’arte che nella vita
di tutti i giorni. Entrambi sono ben rappresentati nell’esposizione,
e vederla è quasi un must.
|
|
Lo scopo del Museo è rendere percepibile
ciò che mostra col riportarlo a una dimensione familiare.
Per questo anche l’arte africana viene ambientata — magari
con l’aiuto di un seducente manichino come quello della fotografia
qui accanto, criticato da alcuni per le sue fattezze troppo
europee e poco africane, ma in realtà utilissimo per
comprendere la situazione della donna in alcune culture nere.
|
A
Barbianello da Roberto e Mariarosa
Ne timeas
Fossatos et dona ferentes. Questa volta era lui, Gianni Fossati,
il Simposiarca, ed è toccato a lui, alla fine della
cena, pronunciare le solenni parole di rito: "Il
Simposio Gianni Brera certifica che il ristorante Da
Roberto (Barbianello
PV, tel. 0385.573.96)
offre cibi tipici (e raffinati) a un
prezzo moderato".
Per i dettagli, continuate pure a leggere.
Simposio Gianni Brera
Eravamo in cinque soltanto quella sera, e
l'Oltrepò Pavese era tutto per noi: Gianni Fossati,
Maria Adalgisa De Luigi, Marco Baroni, Paolo Brera, e in veste
di invitata speciale Magda Tallon. La sala di Roberto ci ha
accolti con un caminetto acceso, molto simpatico in quel settembre
che pareva un ottobre. Fossati, che di questo nostro Simposio
è presidente in pectore, pettina le campagne alla ricerca
dei posti migliori, poi li angaria con le sue esigenze assolutamente
eccessive ma, purtroppo per loro, incontrovertibili.
Noi, sfidando il boccon lombardo che prima
o poi sarà la terribile punizione dell'esigente Fossati
e dei suoi commensali, ci siamo lasciati ammannire una dovizia
di antipasti dolcemente accompagnati da una polenta fra le
migliori del nostro Paese, fatta con la farina macinata al
mulino Marano. Straordinaria la polenta, delicata la fonduta
al gorgonzola, e buono il cotechino, come c'è da aspettarsi
dai due Osti (O maiuscola, prego), Mariarosa Manelli che anima
la sala e fa i ravioli, Roberto Scovenna che tiene in movimento
la cucina. Proprio loro, infatti, sono i fondatori della Confraternita
del Cotechino Caldo (da non confondere con la Confraternita
del Cotechino Magro di Spessa Po). Martedì e giovedì
il locale apre solo su prenotazione per particolari incontri
gastronomici.
Che cosa abbiamo bevuto? Tre Bonarda: Boatti,
Albani e Maggi Renzo, il vino più adatto (per motivi
tradizionali) ai cibi del Pavese, a cominciare dai salami,
uno dei quali è dell'Oltrepò e l'altro, macinato
più piccolo, di Carbonara del Ticino. De Luigi loda
il salame di testa, Brera il lardo, e tutti apprezzano la
pancetta e un tomino con un cocktail di erbe aromatiche e
un olio leggero.
Tra i primi si raccomandano un risotto al
Castelmagno, straordinario, con una fragranza unica, e i ravioli
tipici. Giudichiamo fantastica una spalla di vitello con i
porcini e degna di nota la tagliata servita su una pietra
nera rovente, così chi la mangia decide la cottura.
Il piatto dei formaggi rappresenta una golosità decisamente
insolita: insieme a una traccia di miele arriva il tris di
don Verri (fra cui il formaggio al ginepro) e altri, inclusa
la toma di Gressoney. Con i s'ciappadent di Broni (dolcini
semplici e duri) beviamo un passito giallo riserva Monsupello
Boatti.
Il motto del locale? "Dar
da mangiare a pochi per educarne molti", scherza
Fossati, ma non troppo. Qui il pesce è bandito, con
la sola eccezione del tradizionalissimo merluzzo "bertagnin":
chi vuole il pesce vada là dove è storia, in
Sardegna, in Liguria. Mariarosa e Roberto svolgono da un ventennio
una ricerca gastronomica attenta e raffinata, animata da una
passione che non la cede a quella per qualunque miglior causa.
Il Simposio Gianni Brera è lieto di certificare l'esito
di questo impegno.
|
A
passeggio con de Chirico
A Ischia era l'estate del 1951 e su una spiaggia
vidi per la prima volta Giorgio de Chirico, il pittore delle
muse inquietanti; in una specie di tranquilla vacanza di esilio
volontario. Il suo viso aveva qualcosa di silenzioso e cupo,
con faccia rigida ma tonda che ricordava nell'espressione
quella di Buster Keaton l'attore che non rideva mai. Più
tardi mi strinse la mano e qualche giorno dopo feci con lui
una passeggiata.
Osvaldo Patani
Una semplice passeggiata può farci
scoprire cose meravigliose oltre il dominio del percorso curioso.
Ischia è pietrosa; un'isola aspra
e anche verde che ricorda la Grecia e per questo piaceva al
grande maestro, che mi disse che l'isola era stata visitata
e ammirata da Bäcklin che qui trovò ispirazione
per le sue pitture. Ci incamminammo fuori dal paese con intorno
il mare limpido verso le vigne dove le api turbinavano nell'aria
e le lucertole si rosolavano verdi sui germogli.
Il sentiero correva su rocce vulcaniche che
scendono a picco; e ci sono tratti in cui è meglio
chiudere gli occhi — de Chirico mi guardava e si divertiva
a questi passaggi dove cadendo ci aspettano gli scogli sottostanti
che sembrano lupi in letargo.
Più in basso in una roccia il mare
aveva scavato un sedile e per de Chirico era naturale mettersi
là e lasciarsi investire dalle onde e borbottando sentenziò
che le parole e gli scritti sono fatti per disperdersi nel
moto marino, le pitture no, perché sono le isole dell'arte,
e il mare è barocco come certi miei quadri.
La pittura per de Chirico era tutto; la sua
vita, il suo palpito, un modo di pensare. Dipingere era la
sua vocazione esclusiva da grande protagonista. Senza pittura
si sentiva Sansone senza capelli.
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Jean Cocteau esploratore dell'arte di de
Chirico nel 1928 a Parigi in un volumetto frammentario e aforistico
— Le mystère laïc — nota che la sua pittura
cambierà e anticipa: che in una tela del Mantegna de
Chirico guarda fuori dalla cornice indifferente al supplizio,
tra groppe di cavalli barocchi e giovani muscolosi che, nel
tender l'arco, si appoggiano a frammenti di statue rotolate
a terra.
Dopo le stagioni della metafisica e del surrealismo
de Chirico non è stato succube della grande arte italiana
del passato, del mestiere sublime con riferimenti a pitture
esclusivamente barocche — la pasta dei suoi colori a olio,
è sempre dechirichiana e i colpi di pennello infallibili.
In questi quadri la cosa che più colpisce è
la pazienza e il loro amore al dettaglio con pennellate saporose
dove non ci sono errori di gusto; però ci vuole tempo
per entrare nell'opera e famigliarizzare.
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Si deve
a Farsettiarte l’ultimo libro dedicato a Giorgio de Chirico
— Romantico e barocco. Gli anni Quaranta e Cinquanta.
Il
libro è anche il catalogo della mostra che resterà
aperta fino al 20 ottobre al Portichetto di via Manzoni. "L’arte
è il sogno che l’uomo fa da sveglio",
dice un bigliettino autografo riprodotto nel volume. E in
questo sogno è possibile per de Chirico immaginarsi,
e dipingersi, in costume di turco, di torero o di pittore
veneziano del Seicento. Poi arrivano i cavalli, irrompe il
mondo classico, gli elementi metafisici… Da vedere.
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Avete mai visto fare buchi nell'acqua? Fontana
bucò le tele per farsi conoscere!
Il mago però è lui, perché
come Picasso, de Chirico qualunque strada prenda è
sempre riconoscibilissimo.
Si osservino le sue Venezie, dopo Canaletto, Guardi e Bisson;
che vanno guardate come uno spettacolo inventato in un'unica
città d'acqua con palazzi con febbre di lusso come
fossero dipinti di ombre e chiaro di luna.
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De Chirico uomo singolare e difficile sempre
sul piedistallo, ha posto l'intelligenza visiva mescolando
presente e passato, con arte vecchia e nuova — antica e moderna
per occhi d'oggi, di ieri e di domani.
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I ritratti di Ionesco
Erano venticinque anni che Irina Ionesco, fotografo francese,
non si faceva vedere in Italia.
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Albino Magenta
Complimenti
dunque ad Eugenio Bitetti per averla messa in mostra, dal
25 ottobre al 31 gennaio, nella Galleria 70 (via
della Moscova 27, tel. 0265.978.09).
Saranno esposte ventitré immagini: stampe d’epoca ed
opere recenti: sono i ritratti femminili che a partire dagli
anni Settanta hanno reso celebre questa artista. Nei più
recenti emerge la tendenza ad uno stile più sintetico,
diverso dalle elaborate costruzioni dei primi tempi.
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