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Il Mondo del Gioânn

di CLAUDIO RINALDI

Gazzetta di Parma - 8 Luglio 2000



Sono quasi otto anni che Gioânnbrerafucarlo se n'è andato. Ma resta un punto di riferimento: per il popolo dei Senzabrera, e non solo. Come avrebbe esaltato il Santo Catenaccio, vedendo l'Italia del suo caro, vecchio Dino Zoff agli Europei? E quanto avrebbe imprecato, la sera della finale con la Francia? Con chi si sarebbe schierato, nella polemica tra il cittì e Berlusconi? Come avrebbe accolto il suo amico Trap, amato e difeso - sempre - da calciatore prima e da allenatore poi? E quale soprannome avrebbe coniato per Toldo, l'eroe della semifinale, lui che aveva inventato l'Abatino Rivera e Riva Rombo-di-tuono, Deltaplano Zenga e Puliciclone, Pinna d'Oro Marini e Bonimba, per tacere dei tanti neologismi, entrati puntualmente nel gergo sportivo, e non soltanto in quello (libero, centrocampista, intramontabile, melina)?

Sono quasi otto anni che Brera non c'è più, ma restano le sue opere, vive più che mai. E il suo testamento. C'è chi ricorda il giornalista _ che in mezzo secolo di attività ha inventato la critica sportiva e condotto innumerevoli battaglie per sostenere il calcio all'italiana _ chi lo scrittore e i suoi romanzi profondamente padani; chi il fine enogastronomo e chi il polemista; chi l'uomo di vasta e spessa cultura (che per anni ha letto un libro a notte) e chi il Vate della Val Padana, che si professava lombardocentrico al punto da provare orgoglio etnico per le origini comasche degli Agnelli.

Andrea Maietti, che Brera aveva nominato suo biografo ufficiale, del Gioânn ha tanti ricordi. Li ha raccolti in un libro, «Addio Papa Lombardei. Pagine di vita con Gianni Brera», pubblicato da Ettore Gasperini (stesso editore, stessa collana _ «Allo specchio» _ di «Molossi III», il libro-intervista a Baldassarre Molossi). Il libro fu commissionato a Maietti nel '92, e avrebbe dovuto essere una lunga intervista al Gioânn. Maietti cominciò il suo lavoro un pomeriggio di dicembre: era il giorno prima che Brera morisse. E ora, otto anni dopo, esce questo volume che racconta Brera aneddoto dopo aneddoto, emozione dopo emozione.

Maietti è una garanzia, da grande conoscitore del Gioânn («Uno dei nostri, uno del giro», garantisce Gianni Mura nella prefazione): si è laureato alla Cattolica con una tesi sul calcio-linguaggio di Brera (poi pubblicata dalla Lodigraf) e ha curato varie antologie breriane, dalle raccolte dei celebri «Arcimatto» del «Guerin Sportivo» in poi.

Il libro è un atto di amore, affettuoso e riconoscente. Un viaggio lungo 25 anni di amicizia: Maietti conobbe Brera attraverso le cronache sportive sul «Giorno». «Mi folgorò _ scrive _ ne ebbi un'emozione estetica che soltanto un altro Giovanni mi aveva dato prima, il Verga». Il primo approccio non fu dei più facili: Maietti spedì a Brera delle poesiole scritte a vent'anni, ricevendone una stroncatura impietosa («Per un giovane capace di "far sfavillare i passeri", nessun traguardo è impossibile»). Ma ottenne anche un appuntamento, nella casa del Gioânn sul lago di Pusiano (dove Brera una volta costrinse l'amico Folco Portinari a fare l'alba, tra barolo e barbaresco, per constatare de visu come il sole sorgesse da dietro il monte manzoniano, «alla faccia di quel trombone di Carducci» che ve lo faceva tramontare). Nacque così l'amicizia tra i due. Più avanti _ va detto, a onor di Maietti _ commentando un suo racconto, Brera disse: «E' un Hemingway meno jattante: bravo professeur!». «E io ebbi la sensazione ineffabile _ ricorda Maietti _ di essere insignito di un Nobel».

«Addio Papa Lombardei» ripercorre la vita di Brera, dell'uomo prima che del giornalista: attraverso le fotografie di San Zenone Po, il paese in provincia di Pavia dove Brera è nato e cresciuto, dove ha ambientato i suoi romanzi (ribattezzandolo Pianariva) e dove adesso è sepolto; attraverso gli aneddoti del suo biografo, e i ricordi di chi con il Gioânn ha lavorato per anni gomito a gomito nelle redazioni e nelle tribune stampa degli stadi di tutto il mondo, o di chi ha trascorso tante serate in osteria, a parlare e, soprattutto, a sentirlo parlare di tutto. Come Giuliano Metalli, il patron del «Riccione», dove Brera si ritrovava ogni settimana con gli amici del «Club del giovedì». «Non ho mai conosciuto uno che reggesse il vino come Brera: smaltiva la sbornia in dieci minuti di catalessi. Poi riprendeva a bere come fosse il primo bicchiere.

Stargli dietro era pericoloso. Un collega romano timido, non avendo osato desistere in tempo, fu ricoverato d'urgenza per una lavanda gastrica». Amava il vino, Brera (quando gli diagnosticarono un'ulcera, lui decise di curarla con il rosso _ che peraltro preferiva di gran lunga _ abolendo il bianco). E amava il whisky: una volta, racconta Marino Bartoletti, ai Mondiali in Argentina del '78, un addetto all'entrata di uno stadio nota la fiaschetta a tracolla e lo blocca. «Con esa no puede entrar señor». «Que es prohibido, el whisky o la botella?», lo provoca Brera. «Es lo mismo (è lo stesso), señor», replica l'altro. Brera lo guarda con compatimento, poi dà di garganella alla fiaschetta, vuotandola fino all'ultima goccia e passa oltre l'addetto, sagrando: «No es lo mismo, pistolon».

Tante istantanee delle vita di Brera, delle sue passioni. Una vita senza risparmiarsi mai: né con gli amici, né con il lavoro (trecento cartelle al mese, negli anni del «Giorno» e del «Guerin Sportivo»). E i commenti dei letterati e degli studiosi che hanno affrontato il «fenomeno Brera». Compreso Umberto Eco, che lo definì «un Gadda spiegato al popolo», facendolo infuriare: Brera sfidò Eco in una sorta di gara letteraria, ma non se ne fece nulla. E il legame stretto fra Brera e la sua terra: «Nessuno ha raccontato la nostra terra e i poveri della nostra terra meglio di lui», afferma Maietti. E Angelo Rovelli, nota firma della «Gazzetta dello Sport», che racconta di quando staccavano, di notte, dal giornale e tiravano l'alba all'osteria, «e lui imponeva che si parlasse esclusivamente meneghino, o comunque un idioma lombardo». E alcune delle pagine più belle del Gioânn: pagine vive; anche oggi che sono quasi otto anni che non c'è più e, andando all'edicola, continuiamo a chiederci: ma cosa avrebbe scritto Brera?


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