Caro Severgini,
approfittando della polemica che in questi giorni gira per Milano, vorrei
chiederle un suo pensiero su Gianni Brera. Sbaglio o è
un tema o un personaggio di cui non ci ha mai parlato (scritto)? Eppure mi
sembra molto strano che le sia passato vicino
senza lasciare traccia. Non mi dica che nei "tempi morti" di piazza Novelli
non era bello leggere "quel" Guerin Sportivo, e quell'
"Arcimatto". Io aspettavo il martedì con ansia.
A proposito: io sono per l'Arena. Le cronache di Brera sull'atletica sono
rimaste insuperate.
Grazie,
Silvano Lissoni, slissoni@sasatex.it
Caro Lissoni,
ho conosciuto Gianni Brera solo una volta, di sfuggita, al Giornale di
Montanelli. Ma ho letto molto di quello
che ha scritto, e conosco bene il suo biografo, Andrea Maietti da Lodi. Le
parti che mi piacciono di più sono
quelle lombarde ("bassaiole", avrebbe detto lui). Brera aveva capito la
poesia dei fiumi, dei pioppi e delle
tovaglie, e riusciava a trasmetterla. Ti consiglio, a questo proposito,
"Storie dei lombardi" (Baldini & Castoldi,
1993). Ho letto che qualcuno, in consiglio comunale a Milano, ritiene
inopportuno dedicare uno stadio o un
palazzetto al Gran Lombardo, "che in fondo era solo un giornalista".
Dimenticando che quel giornalista ha
fatto di più per la lettura di tanti cosiddetti scrittori (ai quali sono
intitolate vie e piazze). Prima di leggere i
suoi libri, ricordo, leggevo gli articoli di Brera sul "Giorno", che
campeggiava sul frigo dei gelati al caffè
Garibaldi di Crema (anni 1972-77).
Un giornalista cui tocchi l'onore del frigo dei gelati, e l'attenzione di
una banda di diciottenni, è un fuoriclasse.
Beppe Severgnini
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